Frances Tiafoe avanza nella semifinale tutta americana degli US Open contro Taylor Fritz

Ci sono notti in cui Frances Tiafoe trasforma l’Arthur Ashe Stadium in una festa sfrenata.

È la sua casa. La sua musica che rimbomba dagli altoparlanti. Quasi 24.000 amici, cugini, re, regine, stelle del cinema e del basket, e naturalmente un campione di tennis leggendario o una mezza dozzina di loro. Tutti seguono il suo ritmo, facendo vibrare ogni livello del grande campo da tennis vicino alla baia di Flushing.

La notte di martedì su Ashe è stata diversa. Non migliore né peggiore, soprattutto con Tiafoe che avanzava nella prima semifinale tutta americana degli US Open dal 2005, quando Andre Agassi sconfisse Robby Ginepri. Lo stesso pubblico di festa ha riempito quasi ogni posto, dalle sedie a bordo campo fino a quelle più in alto, vicino al tetto. Kevin Hart, Jason Sudeikis, Roger Federer, Sabrina Ionescu e molti altri VIP sono passati. È stata una serata tranquilla, lontana dal caos, con jazz leggero e R&B che riempivano l’aria; i bicchieri tintinnavano con bevande costose.

Ma la fine della notte, con il punteggio di 6-3, 6-7(5), 6-3, 4-1 che si è concluso con un asterisco a causa di un infortunio per Grigor Dimitrov? Non era quello l’umore che Tiafoe, né i suoi 24.000 amici, avevano immaginato.

Lo stadio già mormorava quando Dimitrov ha servito un doppio fallo per chiudere il terzo set. Non era un fatto inusuale, considerando i tre doppi falli — due di Dimitrov, uno di Tiafoe — che avevano chiuso il secondo set a favore del bulgaro.

Sedendosi, Dimitrov ha afferrato la gamba, indicando al suo team, tagliando l’aria con la mano come per dire: “è finita”. Ha alzato lo sguardo e sorriso amaramente, quasi incapace di credere che stesse succedendo proprio a lui, in quel momento.

È uscito zoppicando dal campo. È tornato zoppicando. Tiafoe ha tenuto il servizio nel primo game del quarto set a zero. Dimitrov ha servito una prima palla a 135 km/h, cercando con tutte le sue forze di continuare quella che già era una partita strana, lunga due ore e quarantacinque minuti.

Tiafoe ha fatto quello che spesso fanno i giocatori quando il loro avversario ha problemi fisici. Ha tirato palline dritte a Dimitrov, incapace di spegnere l’automatismo del gioco schematizzato nella sua mente e farlo correre per il campo. Poi ha capito la situazione. Ha trascinato Dimitrov nell’angolo di rovescio e ha piazzato uno dei suoi classici dritti incrociati, arcuati e corti. Dimitrov non si è nemmeno mosso.

Sul 15-0 per Tiafoe, Dimitrov ha applaudito verso il suo box, come a chiedere un riconoscimento per essere rimasto in campo, un uomo sconfitto e zoppicante. Tiafoe ha commesso un doppio fallo sul 40-0. Ha vinto comunque il game. L’atmosfera nello stadio era sparita. Non era così che doveva finire.

Sul 4-1, si sono abbracciati a rete, e Tiafoe ha raggiunto il posto che desiderava. Lo stesso in cui si trovava due anni fa, pronto a sfidare Carlos Alcaraz e dare il via a un’altra festa.

La serata non è stata tutta così. Ci sono stati momenti di energia crescente, come quella corsa celebrativa lungo la linea di fondo, con la racchetta alzata, dopo un altro rovescio di Dimitrov finito in rete che ha consegnato il primo set a Tiafoe. O quando Dimitrov è riuscito a recuperare da un break di svantaggio nel secondo set, con alcune eleganti volée e colpi di polso che gli hanno sempre fatto guadagnare punti in stile.

Pochi game dopo, le gambe di Dimitrov hanno ceduto, a causa della tortuosa vittoria in cinque set ottenuta nella quarta partita, domenica, sotto il sole cocente. Quindi, quando tutto è finito, per il ragazzo che oggi organizza le feste come nessun altro, è stata una serata tranquilla. Nessun mobile rotto. Tutti sono tornati a casa sani e salvi, pronti per ciò che li aspetta nel weekend.